domenica 14 novembre 2010

Momenti magici...































Come sempre James Ivory ci regala momenti magici. 
La storia è appassionante, coinvolgente, si dipana lentamente come un pennello sulla tela. Gli interpreti, protagonisti tutti sullo stesso piano, sono perfetti e regalano fantastiche emozioni.
L'incanto del paesaggio, il dilemma se vivere in uno splendido luogo isolato o nella grande città, la serenità e al tempo stesso la sofferenza dei personaggi: una miscela per una splendida serata al cinema. 
Da non perdere.
                                                                       (Renato Volpone)





















 
 Omar Razaghi è un giovane dottorando iraniano-canadese della University 
of Colorado, fidanzato con l'ambiziosa e algida Deirdre, insegnante di letteratura straniera. 
La sua borsa di studio e la sua relazione sentimentale sono allacciate e vincolate alla stesura 
della biografia “da autorizzare” di Jules Gund, autore sudamericano morto suicida 
dopo il successo del suo unico romanzo. 
Impedito a proseguire nel progetto dal diniego dei Gund, è indotto dalla fidanzata 
a partire alla volta dell'Uruguay per incontrare gli eredi e dissuaderli. 
Arrivato a Ochos Rìos la realtà avrà la meglio sul libro, innamorandolo e invischiandolo 
nel labile equilibrio della famiglia Gund.
Guardando Quella sera dorata non si può che dire “Merchant-Ivory”, 
la casa di distribuzione a cui appartengono e fanno capo i film patinati del regista James Ivory. 
Primo autore a rappresentare la Old England delle good manners e a proporre una compiaciuta rappresentazione del passato, Ivory non smentisce e non ritratta il suo cinema, adattando 
per lo schermo il romanzo omonimo di Peter Cameron, idealmente prossimo alla cifra stilistica 
del regista californiano. Il viaggio di Omar e Deirdre, infatti, li condurrà in seno a una famiglia 
di origine europea, fuggita molti anni addietro dalla Germania nazista 
e rifugiatasi in una vita immobile e avulsa dal mondo esterno.
Il vizio esistenziale dei Gund rende il libro di Cameron adatto e adattabile alle immagini di Ivory, alla sua regia leziosa, all'imperturbabilità del suo sguardo e al suo impeccabile gusto 
per la teatralizzazione del sociale. Naturalmente il film non si risolve nell'analisi antropologica 
di una famiglia borghese ma indaga piuttosto l'area del controllo delle emozioni 
e della disumanizzazione della vita ridotta a puro impulso al dovere. 
Deirdre, come il maggiordomo di Quel che resta del giorno, è il modello perfetto 
di una costruzione del sé su un'identità di ruolo, un modello comportamentale di conformità all'ordine che impatta violentemente con l'anarchia magica dei Gund. Omar, invece, 
naviga a vista fino al confine col mondo pericoloso ma anelato delle emozioni, 
sbloccando l'anacronismo dei Gund e il loro tempo involto nelle maglie del passato.
L'osare del personaggio centrale di Cameron ha ricadute interessanti (anche) sul cinema di Ivory: le sue ossessioni per il décor, l'eleganza dell'ambiente e la bellezza delle immagini si convertono in strumenti della materia narrativa, non celebrano più il buon tempo antico ma ne rivelano l'interna corruzione. Dietro al culto dell'antiquariato c'è il vuoto e il rimpianto per quel che avrebbe potuto essere. Il tardivo confronto con la vita provoca inevitabilmente malinconia 
e rimorsi. Meglio vivere d'un fiato ed amare pienamente il giorno 
piuttosto che soffermarsi su “quel che ne resta”. (Marzia Gandolfi)


Ci sono film che non risentono del passare del tempo. 
Della categoria fanno sicuramente parte le opere 
di James Ivory, un cineasta che come pochi ha saputo 
tradurre la pagina scritta sul grande schermo.
                                                  
                                              (Elisabetta Battistella)





Ora non rimane altro che andare al cinema!
                                                                                    (Annalisa)




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