mercoledì 29 giugno 2011

CINEMAESTATE #2

La vita tragica di una donna “mostro” nell’Europa del colonialismo.


Il film del franco-tunisino Adbel Kechiche racconta del concetto di bellezza e del suo contrario, di quello di diversità e di razza, dell’uso e abuso del corpo femminile, di una società che spettacolarizza tutto. Una storia accaduta realmente nell’Ottocento (ne parla anche Diderot nei suoi scritti e Nelson Mandela ha voluto che le spoglie della Venere fossero restituite al Sud Africa) e lo fa senza esclusione di colpi, non risparmiando allo spettatore neanche la più cruenta delle scene.

 
In VENERE NERA, Yahima Torres interpreta la terribile storia di Saartjie, la donna vissuta dal 1789 al 1815, esibita nelle piazze come fenomeno da baraccone per le sue forme esagerate. Trattata come un animale selvaggio addomesticato, approda a Parigi come giocattolo erotico nei salotti della borghesia e diventa oggetto di studio degli scienziati dell’epoca, che vorrebbero a tutti costi esaminare i suoi enormi genitali.

 
Ambientato nella Parigi del 1817, all’Accademia Reale di Medicina, VENERE NERA ci parla di quando l’anatomista Gorges Cuvier, davanti al corpo di una donna sudafricana, Sartjie (Yahima Torres), trascinata in Europa come una sorta di King Kong, dichiarava: “Non ho mai visto testa umana più simile a quella delle scimmie”. Per sette anni quella donna, conosciuta come la “Venere ottentotta”, si è esibita negli zoo e nelle fiere londinesi, diventando una sorta di attrazione circense, un’icona dei bassifondi, sacrificata ad un’ascesa dorata…

Le forme del corpo di "Venere ottentotta" erano per l'Europa dell'800 un fenomeno da baraccone.

... apparteneva al popolo dei Khosan, i più antichi umani stabilitisi in Africa australe, che i primi invasori europei chiamarono ottentotti o boscimani. Fu assunta come serva dai Bartman, coltivatori olandesi vicino a Capetown, che le dettero il nome Saartjie ("piccola Sara", pronunciato Sarkey) Bartman. Il fratello del padrone propose di portarla in tournée in Europa promettendole la metà degli incassi dei biglietti pagati per vederla. Saartjie era alta un metro e 35 cm, ed era chiamata la "Venere ottentotta" perché considerata particolarmente bella tra le donne del suo popolo e perché aveva molto sviluppate le caratteristiche fisiche per cui da tanti secoli si favoleggiava sulle donne boscimane: natiche prominentissime e rialzate (i boscimani trattengono l'adipe in sovrappiù non sull'addome, ma sulle natiche) e piccole labbra altrettanto sviluppate (tanto che sporgevano dall'inguine di 8-10 cm verso il basso), chiamate il "grembiule ottentotto". Nello spettacolo della tournée, Saartjie appariva legata alla catena (nuda ma con la vagina coperta) e camminava a quattro zampe in modo da mettere in risalto il suo deretano e sottolineare la natura "animalesca" che allora veniva attribuita alla sensualità. Lei comunque affermò sempre di farlo di sua volontà, per guadagnare denaro. A Londra Saartjie si sposò con un uomo delle Indie occidentali ed ebbe due figli: dunque aveva una sua vita, anche mentre veniva esposta come un fenomeno da circo. Dopo un soggiorno inglese di tre anni e mezzo, passò a Parigi dove un addestratore di animali la esibì per 15 mesi, propagandandone le natiche e le piccole labbra ("somiglianti ai bargigli dei tacchini" era scritto nei dépliants). Posò nuda per ritratti "scientifici" al Jardin du Roi, fu esaminata da tutti i più importanti scienziati dell'epoca, tra cui George Cuvier, ma si ammalò e, invece di diventare ricca in Sudafrica come doveva aver sognato, morì in Europa di una malattia infiammatoria, nel dicembre 1815. Cuvier le fece l'autopsia e asportò il pube che fece conservare e poi esporre al Musée de l'Homme al Palais de Chaillot. Solo quest'anno il Parlamento francese ha infine approvato una legge perché i resti fossero restituiti al Sudafrica. Saartjie fu il caso più famoso di ottentotta portata in tournée, ma non fu l'unico. Da secoli gli indigeni delle lontane terre "appena scoperte" venivano portati in Europa come curiosità. Ma nell'800 esplose la passione per i circhi con gli animali feroci: perché quindi non aggiungere anche degli "umani feroci"? Nacquero così gli Zoo umani. Il pioniere fu naturalmente Phineas Barnum (1810-1891), quello del Circo Barnum. E gli ottentotti furono i più esposti: per esempio, ecco a Berlino l'esposizione sui "Trogloditi africani"; mentre i "Pigmei d'Africa" furono mostrati nel 1886 alle Folies Bergères a Parigi. Si capisce perciò come mai quei poveri resti rispediti in aereo, uno scheletro e due flaconi di formaldeide, siano intrisi di storia, d'ideologia, dell'onere insopportabile del razzismo, imbevuti della "scientifica" ferocia coloniale. E perché quel poco di cervello, quel brandello di vagina abbiano ricevuto gli onori di un funerale di Stato, con salve di cannone e discorsi sull'eredità africana...

da: L'onore di Saartjie di Marco D'Eramo




Nessun commento:

Posta un commento